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Amaremoto

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Quella della famiglia Bennett è una storia tratta da un miracolo vero. Marito, moglie e tre figli scelgono la Thailandia per trascorrere le loro vacanze. Ma il beffardo volere del caso impone un giorno di distruzione e morte subito dopo il Natale. Cinque persone, cinque dita di un’unica amorevole mano che si trasforma improvvisamente in un pugno violento. Per lo tsunami. Parola che sa sintetizzare una tragedia.

The Impossible è un film pieno di affetti speciali che ha la forza prorompente di un’esperienza condivisa. Bayona ci immerge tra i detriti dei sopravvissuti e i resti immobili dei morti, costringendoci ad odorare ogni singolo taglio insanguinato e a toccare corpi tumefatti. Una palude in cui convivono perfettamente disperazione e speranza, un limbo di lotta estenuante tra la vita e la morte.

Non c’è distacco documentaristico che possa frenare il coinvolgimento dello spettatore. The Impossible evita la retorica e con l’arma del realismo scansa il rischio di sentimentalismi forzati o spettacolarizzati, facendo male al corpo e al cuore. E non solo per  le ferite in primo piano, i rigurgiti e le urla, ma per la consapevolezza del reale dramma messo in scena.

In questo racconto di forze contrastanti, alla sofferenza fisica si oppone la necessità naturale e mai incrinata dell’amore. La famiglia è al centro del racconto, un nucleo indissolubile in cui l’altruismo è il primo degli istinti. E qui si solleva la tematica più interessante di film. Una volta abbattuti i paradigmi della normalità e del quotidiano, i sentimenti riemergono dal torpore rimpiangendo la loro banalità nella routine. La distruzione dell’equilibrio impone un reset delle priorità. Così anche la semplicità di una carezza riscopre tutta la sua potenza risanatrice. Il contatto mancato, gli abbracci evitati, sono questi i  piccoli aborti di ogni giorno di cui è necessario recuperarne il valore intimo e necessario. Qui si parla di vita e riscoperta del suo senso.

Rischiosa la scelta di affrontare una catastrofe da un solo punto di vista. In qualche modo la visione parziale disattende l’omaggio collettivo a tutte le altre vittime che qui fungono da sottofondo disperato. Mancanza risolta solo con un frettoloso tributo finale.

Questo non fermerà la partecipazione del pubblico, nè lacrime e commozione, e non solo per il ricordo di un’esperienza tremenda, ma anche per il rimpianto dei non detti e delle carezze affogate nella nostra quotidianità.

Giuseppe Grossi